Equa riparazione legge Pinto – Procedura per indennizzo

Equa riparazione legge Pinto – Procedura per indennizzo

Equa riparazione Legge Pinto: come riscuotere l’indennizzo. La procedura da seguire

La legge Pinto ha introdotto una tutela concreta ed effettiva a favore del cittadino che subisca un danno a causa dell’irragionevole durata del processo in cui è coinvolto. Se in altri articoli abbiamo analizzato le caratteristiche di questa legge e il suo funzionamento, oggi vogliamo parlare della legge Pinto e come riscuotere l’indennizzo, una equa riparazione. Affronteremo i vari passaggi che il cittadino, affiancato dal proprio legale, deve percorrere per avere diritto all’indennizzo ed esercitare tale diritto.

Essere coinvolti in un processo

Il presupposto per poter richiedere un’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo è quella di essere coinvolti in un procedimento giudiziale. Nonostante questo aspetto appaia scontato, era sato inizialmente messo in discussione se tutte le tipologie di processo esistenti nel nostro ordinamento rientrassero nell’ambito di applicazione della legge Pinto. 

Al riguardo è ormai confermato che l’indennizzo previsto dalla legge Pinto può riguardare la durata di tutte e tre le tipologie di processo: civile, penale e amministrativo.

Verificare la durata del processo

Se si è stati coinvolti in un processo eccessivamente lungo, il primo aspetto da verificare per sapere se si potrebbe avere diritto all’indennizzo è la durata del procedimento giudiziale. E’ la stessa legge, all’art. 2, a definire in cosa consiste l’irragionevole durata del processo.

Questi sono i termini di durata massima:

  • procedimenti di primo grado, 3 anni;
  • procedimenti di secondo grado, 2 anni;
  • per il giudizio di legittimità, 1 anno;
  • procedimenti di esecuzione forzata, 3 anni; 
  • procedure concorsuali, 6 anni.

Come è evidente, il legislatore ha stabilito delle durate diverse a seconda della tipologia di procedimento e del grado di giudizio. Questa scelta si basa sulla circostanza che ogni tipologia di processo ha le sue caratteristiche, sarebbe pertanto illogico stabilire una durata uguale per processi che hanno esigenze diverse.

Se il processo eccede le durate sopra indicate, c’è solo un ultimo requisito temporale da rispettare: che la durata complessiva dell’intero processo abbia una durata superiore ai 6 anni. 

In questo senso, si potrà riscuotere l’indennizzo della legge Pinto solo se non si giunge ad un giudizio definitivo entro il termine massimo di sei anni. In tutti i casi in cui il processo termini prima, la pretesa di un indennizzo sarà dichiarata infondata.

 

Verificare utilizzo rimedi preventivi e avere subito un danno

Una volta verificato che si è superata la durata “massima” del processo, l’avvocato dovrà verificare di avere utilizzato tutti i c.d. rimedi preventivi. Se così non fosse, c’è il rischio che l’equa riparazione per il danno subito.

Quello dei rimedi preventivi è un argomento abbastanza tecnico e che abbiamo approfondito in questo articolo relativo ad un importante sentenza della Corte Costituzionale. In questo caso ci limitiamo a dire che i c.d. rimedi preventivi sono dei “mezzi” che l’ordinamento mette a disposizione delle parti coinvolte nel processo per ottenere una decisione più rapida da parte del Tribunale. Al riguardo, la legge ha dunque stabilito che per ottenere a mezzo della legge Pinto un’equa riparazione, e quindi un indennizzo, bisogna dimostrare di avere utilizzato (o provato ad utilizzare) i rimedi preventivi che la legge offre per velocizzare il processo.

Infine, è necessario dimostrare che a causa delle lungaggini del processo si è subito un danno di carattere patrimoniale o non.

Equa riparazione: come promuovere il ricorso e procedere alla riscossione del credito

Se tutti i requisiti precedentemente indicati sono stati rispettati, è possibile promuovere un riscorso sulla base della legge Pinto per riscuotere l’indennizzo.

Il ricorso va depositato dinanzi al Presidente della Corte d’Appello oppure di un magistrato a tal fine designato. La legge prevede che entro 30 giorni debba essere presa una decisione e, nel caso in cui questa sia favorevole al ricorrente, emanato un decreto esecutivo motivato.

Nella realtà i tempi sono più lunghi e difficilmente tale termine rispettato.

Una volta che il ricorso è stato accolto, il giudice ingiunge il Ministero della Giustizia al pagamento della somma dovuta a titolo di indennizzo nei confronti del ricorrente.

Per ottenere l’indennizzo a cui ritieni avere diritto ti puoi rivolgere a Gestione Crediti Pubblici, i cui professionisti sono esperti del settore e sapranno assisterti dalla verifica della sussistenza dei requisiti sopra elencati all’avanzamento del ricorso dinanzi alla Corte d’Appello competente.

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2024-06-24T18:47:20+02:0013 Luglio 2022|Approfondimenti|
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