Irragionevole durata di un processo: importanza della legge Pinto

Irragionevole durata di un processo: importanza della legge Pinto

Legge Pinto e irragionevole durata del processo: la Corte Costituzionale a tutela del cittadino

Abbiamo parlato ampiamente di come funziona la legge Pinto e dei motivi per i quali è stata introdotta nell’ordinamento italiano, cercare di dare una risposta a coloro che hanno a che fare con un irragionevole durata di un processo. La sua doppia finalità è ormai nota. 

La prima è quella di stimolare una maggiore velocità da parte dei Tribunali nel giungere a una decisione definitiva; la seconda, strettamente legata alla prima, consiste nel fornire al cittadino il procedimento per ottenere un indennizzo — qualora a causa delle lungaggini della giustizia subisca un danno — sia patrimoniale che non patrimoniale.

Detto questo, se vuoi capire il tecnicismo che può farti ottenere un indennizzo per i danni subiti per l’eccessiva durata del processo, prosegui nella lettura. Parliamo di c.d. rimedi preventivi e dei quali faremo  una breve introduzione.

Cosa sono i c.d. rimedi preventivi

I rimedi preventivi consistono in dei “mezzi” che l’ordinamento mette a disposizione delle parti coinvolte nel processo per ottenere una decisione più rapida da parte del Tribunale.

L’avvocato ha infatti può adottare questi strumenti processuali per fare in modo che il suo cliente riesca a fare valere i suoi diritti in tempi minori; un esempio classico è il rito sommario nel procedimento civile.

Vista l’esistenza di questi rimedi preventivi, la legge ha stabilito che per ottenere a mezzo della legge Pinto un’equa riparazione, e quindi un indennizzo, bisogna dimostrare di avere utilizzato (o provato ad utilizzare) i rimedi preventivi che la legge offre per velocizzare il processo.

Fin qui la logica è assolutamente condivisibile: lo Stato indennizza chi è danneggiato dalla durata del processo ma a condizione che lo stesso si sia attivato per cercare la strada processuale più rapida.

Il problema dell’obbligo di istanza di prelievo

Un problema, risolto dalla sentenza della Corte Costituzionale che ora vedremo, è sorto quando nel 2012 è stata approvata una modifica ad una legge del 2001 (legge n.89/2001) che preveda che, nel processo amministrativo, per richiedere, ai sensi della Legge Pinto, l’indennizzo per l’irragionevole durata del processo fosse necessario avere precedentemente promosso la c.d. istanza di prelievo.

L’istanza di prelievo, semplificando, è un’azione che ha lo scopo di sollecitare il giudice ad anticipare l’udienza per velocizzare il processo.

Questa previsione aveva fatto sorgere molti dubbi tra gli esperti del settore per diversi motivi.

PRIMO MOTIVO: l’istanza di prelievo è uno strumento processuale — le parti coinvolte nel processo la possono utilizzare se ritengono vi sia una particolare urgenza —  che giustifica la richiesta di anticipare l’udienza. 

Obbligare la parte ad avanzare l’istanza (per non vedersi precludere un ipotetico futuro indennizzo) diviene illogico e irragionevole perché una persona coinvolta in un processo non può prevederne l’eccessiva durata.

Diviene pertanto ingiustificato precludere l’indennizzo a chi, all’inizio del processo, non ha segnalato lo stesso come urgente. 

SECONDO MOTIVO: una legge simile comporterebbe a  ogni persona coinvolta in un processo di avanzare l’istanza di prelievo per non rischiare di rimanere senza indennizzo qualora il procedimento giudiziale dovesse prolungarsi oltre il previsto. 

A che risultato si giungerebbe? Ci troveremmo di fronte a migliaia di processi segnalati come urgenti senza comprendere quali sono effettivamente urgenti e quali no.

Anche per questi motivi, la Corte Costituzionale è stata chiamata a decidere se la legge che prevedeva l’obbligatorietà di avanzare l’istanza di prelievo per potere richiedere l’equa riparazione della legge Pinto rispettasse la logica sulla base della quale quest’ultima legge è stata approvata.

Com’è intuibile, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo che obbligava ad avanzare l’istanza di prelievo, proprio perché in aperto contrasto con gli articoli della Costituzione 117 Cost. e 6 della CEDU.

Come detto in precedenza, infatti, la finalità della legge Pinto è quella di incentivare un maggiore rapidità dei processi e di fornire uno strumento al cittadino per ottenere un indennizzo; l’obbligo dell’istanza di prelievo, invece, andava esattamente in senso contrario.

Da una parte obbligava il cittadino a segnalare il proprio procedimento come urgente anche quando l’urgenza non sussisteva, portando al risultato di non riconoscere più l’effettiva urgenza del processo,  dall’altra creava un ingiustificato ostacolo all’ottenimento dell’indennizzo per il cittadino.

Come già visto, il Ministero della Giustizia per la legge Pinto è chi paga l’indennizzo al cittadino, cioè il dicastero del Governo che è preposto all’organizzazione dl amministrazione giudiziaria statale.

Grazie a questa sentenza della Corte Costituzionale, dunque, il Ministero non potrà pertanto esimersi dall’indennizzare coloro che sono stati ingiustamente danneggiati dall’eccessiva durata del processo ma che non avevano precedentemente avanzato l’istanza di prelievo nel contesto di un procedimento amministrativo.

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    2023-05-24T17:32:28+02:0013 Luglio 2022|Approfondimenti|