Legge Pinto: chi paga l’equo indennizzo e a quanto ammonta
Se ci si trova coinvolti in un processo la cui durata risulta eccessiva e superiore rispetto ai limiti previsti dalla legge Pinto, è probabile che si abbia diritto ad un equo indennizzo da parte dello Stato. Capita spesso, tuttavia, che dopo avere sopportato per anni un processo che sembrava non avere mai termine, si rinunci a fare valere il proprio diritto all’indennizzo.
Questo, anche in ragione del fatto che molti non hanno idea del procedimento da seguire per richiedere tale indennizzo e nemmeno della somma che gli potrebbe essere corrisposta dal giudice.
Come abbiamo già visto in altri articoli, secondo la Legge Pinto il Ministero della Giustizia è obbligato a indennizzare tutti coloro che, dopo essere stati coinvolti in un processo eccessivamente lungo, hanno fatto ricorso alla Corte d’Appello per richiedere un’equa riparazione del danno subito.
In questo articolo, vogliamo affrontare il tema della quantificazione dell’indennizzo, cioè quale somma potrebbe spettare a colui che ha subito un danno per l’irragionevole durata del processo.
Ovviamente, non è possibile indicare una somma precisa e valida per tutti i casi, dato che ogni situazione ha le proprie peculiarità. Quello che faremo è prendere a riferimento il testo della legge Pinto e la posizione della Corte di Cassazione, in modo da offrire una stima utile a farsi un’idea del possibile ammontare degli indennizzi.
Legge Pinto: come funziona il calcolo dell’equo indennizzo
Per sapere come funziona la Legge Pinto nel calcolo dell’indennizzo che può spettare al cittadino bisogna leggere l’art. 2 bis. Questo articolo è infatti molto chiaro nel prevedere un range entro il quale la somma riconosciuta alla persona danneggiata dalla lunghezza del processo deve essere calcolata. L’art. 2 bis stabilisce che la somma liquidata dal giudice a titolo di equa riparazione deve corrispondere ad una somma di denaro non inferiore a 400 euro e non superiore a 800 euro, per ogni anno del processo che ne ha ecceduto la durata “massima”.
L’equa riparazione della Legge Pinto viene quindi calcolata partendo da questa indicazione normativa, lasciando poi al giudice il compito di individuare l’esatta somma da corrispondere a titolo di indennizzo.
Al riguardo, i criteri utilizzati dai Giudici sono tendenzialmente quattro:
- l’esito del processo;
- il comportamento delle parti e dei giudici nel corso del processo;
- gli interessi coinvolti;
- il valore complessivo della causa.
Ora che abbiamo visto l’aspetto normativo è utile dare un’occhiata alla posizione della Corte di Cassazione nella quantificazione dell’indennizzo.
Quantificazione dell’equa riparazione secondo i Tribunali
Nel 2019 è stata emessa una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31735, a mezzo della quale è stata confermata la legittimità (e, quindi, la correttezza) della precedente decisione di un giudice che aveva scelto di corrispondere un indennizzo quantificato in 500 euro per ogni anno eccedente la durata “massima” del processo.
La Cassazione è stata chiamata a decidere sulla quantificazione dell’indennizzo in quanto, il cittadino che aveva precedentemente adito alla Corte d’Appello di Roma per richiedere il risarcimento del danno subito, riteneva che la somma di 500 euro per ogni anno di ritardo nella decisione del processo fosse una cifra eccessivamente bassa. Il cittadino ha pertanto presentato ricorso alla Corte di Cassazione.
La pretesa del ricorrente, tuttavia, è stata ritenuta infondata dalla Cassazione, che ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello di Roma.
La Cassazione ha infatti evidenziato che la Corte d’Appello ha correttamente stimato la somma dell’indennizzo sulla base dei criteri legalmente previsti, in particolare quello relativo al valore complessivo della causa.
Allo stesso tempo la Cassazione ha ribadito che tale importo di 500 euro rientra nel margine di discrezionalità che la legge attribuisce al Giudice (stabilito dall’art. 2 bis, come abbia visto precedentemente), non rilevando quindi alcuna irregolarità nella decisione assunta.
Sulla base della legge e della posizione della Corte di Cassazione, possiamo quindi avere un’idea dell’indennizzo che ci potrebbe essere corrisposto se presentassimo un ricorso. Ovviamente ogni situazione ha le sue particolarità quindi è bene rivolgersi a dei professionisti competenti che sappiano analizzare il caso concreto e individuare la migliore strategia processuale.
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